Quante azioni dovresti avere in portafoglio?
Quante azioni dovresti avere in portafoglio?
È una domanda che divide da decenni investitori, economisti e gestori professionisti.
Alcuni sostengono che bastino 8 o 10 titoli ben scelti.
Altri invece arrivano a dire che un portafoglio ben costruito dovrebbe contenere almeno 20 o 30 azioni.
Io appartengo di più al secondo gruppo.
Anzi, vado oltre: credo che la vera forza dell’investitore retail stia in una diversificazione ampia, e ti spiegherò il perché in questo articolo.
GESTIRE AZIONI E’ COME CRESCERE FIGLI
Lo so che è un paragone un po’ azzardato ma leggi un attimo quello che ho da dire qui sotto.
Molti dicono: “Non puoi gestire più di 10 o 15 titoli, altrimenti perdi il controllo”.
Per me questa non è un’affermazione che fa al caso mio.
Cosa se ti dicessi che possedere azioni è come crescere dei figli?
C’è chi è contento con uno solo, chi con tre, chi con cinque.
Io stesso conosco famiglie con quattro figli che dicono che in realtà diventa persino più semplice: i bambini giocano tra loro e i genitori imparano ad organizzarsi meglio.
Nel mio portafoglio personale gestisco poco più di 40 titoli.
Alcuni sono “figli adulti”, grandi aziende come META, Google, Berkshire Hathaway o ancora le italiane Generali e Terna, che non hanno bisogno di attenzioni quotidiane.
Se qualcosa va storto, i mercati e i media lo segnalano subito.
Mi basta una letta alle trimestrali per avere un aggiornamento (ed ecco perchè sono contrario all’eliminazione delle trimestrali che vorrebbe Trump).
Poi ci sono gli “adolescenti”: società in crescita come, per esempio, Ferrari, Teradyne, Reply.
Richiedono un po’ più di attenzione, ma nulla di ingestibile.
Infine ci sono i “piccoli”: i potenziali multibagger, le aziende emergenti che hanno bisogno di cura e supervisione, ma che portano anche la maggiore soddisfazione se crescono.
Alcuni esempi possono essere Armanino Food, Directa, Lindbergh.
Dire che non puoi seguire più di 20 azioni è come dire che non puoi crescere più di un figlio.
Magari NON VUOI, e ci sta, ma non è che NON PUOI.
DIVERSIFICAZIONE E RIDUZIONE DEL RISCHIO: COSA DICE LA MATEMATICA
Se cerchi su Google la domanda “Quante azioni dovresti avere in portafoglio?”, troverai un consenso apparente: la maggior parte degli articoli parla di 20-30 titoli come soglia ottimale.
Questi numeri non nascono dal nulla.
Studi accademici condotti nel corso degli anni hanno dimostrato che un portafoglio di 20-30 azioni ottiene già gran parte dei benefici della diversificazione.

Senza addentrarsi in spiegazioni matematiche complesse il risultato indicato nell’immagine qui sopra è che la volatilità del portafoglio diminuisce man mano che aumenta il numero di titoli.
Il calo è molto rapido fino a 20-30 azioni, e poi più lento ma comunque continuo.
In altre parole, ogni nuova azione riduce un po’ il rischio complessivo. La domanda diventa: fino a quante vale la pena?
BUFFETT E LA CITAZIONE SULLA DIVERSIFICAZIONE
C’è una frase di Warren Buffett che sento citare spesso:
“Diversification is protection against ignorance. It makes little sense if you know what you are doing.”
L’interpretazione che ne viene data è quasi sempre la stessa: “La concentrazione è la strada per arricchirsi. La diversificazione è per chi non sa investire. Buffett lo ha detto, quindi è così”.
Chi mi segue da tempo sa quanto io adori Buffett e come nel corso degli anni ho cercato di fare miei molti dei suoi insegnamenti.
Su questo argomento però non lo posso seguire. Perchè?
Il problema è che noi non siamo Buffett.
Né io, né (probabilmente) tu che stai leggendo questo articolo, né il ragazzo del gruppo Telegram che ripete questa frase come un mantra.
Buffett gioca in un campionato diverso: ha accesso a informazioni che noi investitori retail non avremo mai, e le azioni quotate in borsa che Berkshire Hathaway possiede sono solo una parte del quadro.
Infatti, Berkshire controlla direttamente decine di aziende (più di 70 se non ricordo male) che non sono quotate, il che la rende molto più diversificata di quanto sembri a prima vista.
Ecco il punto cruciale e il contesto corretto in cui inserire quella citazione: quando Buffett parla di concentrazione, parla da fondatore e azionista di controllo.
Chi crea un’azienda, la guida e la conosce dall’interno, possiede un vantaggio informativo enorme.
Sa cose che il mercato non saprà mai.
Per questo, ripetere la frase di Buffett e usarla come giustificazione per costruire portafogli iper-concentrati è un errore clamoroso.
Per la maggior parte di noi, la diversificazione rimane la protezione migliore.
La storia infatti ci insegna che anche i colossi possono crollare.
Pensiamo alla truffa Enron: una delle società più grandi degli Stati Uniti, crollata da 70 miliardi di capitalizzazione a zero nel giro di pochi mesi.
Oppure a Lehman Brothers, che ha mandato in crisi l’intero sistema finanziario.
Se avessi avuto solo una decina azioni, e una di queste fosse stata Enron, avresti subito una perdita elevata.
Con 40 o 50 titoli, l’impatto sarebbe stato molto più contenuto.
LA MIA FILOSOFIA: PIU’ AZIONI, MENO STRESS
Qualcuno pensa che seguire 30-40 titoli sia impossibile.
Una volta, quando non c’erano tutti i modi attuali per informarsi, sicuramente.
Oggi è molto più semplice rispetto al passato, chiunque abbia un broker o una delle tante app di investimento ha accesso istantaneo a una quantità di informazioni che solo venti anni fa si sognavano gli stessi operatori di borsa.
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Abbiamo strumenti come Google Alerts, newsletter finanziarie, app di monitoraggio portafoglio che ci segnalano ogni notizia rilevante.
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I big del mercato sono sotto i riflettori 24 ore su 24. Non serve guardare il grafico tutti i giorni.
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Un controllo periodico e qualche ribilanciamento sono più che sufficienti.
Quindi, perché porsi un limite artificiale?
DIVERSIFICAZIONE ≠ FONDO INDICIZZATO
C’è chi dice: “Se hai più di 20 titoli, tanto vale comprare un ETF”. Falso.
Un ETF replica un indice senza selezione attiva.
Questo non vuol dire che lo stock picking faccia per tutti anzi, se non hai voglia di starci dietro, allora davvero gli ETF fanno al caso tuo, con il bonus della diversificazione già integrata.
Il discorso dell’articolo però è che gestire 30-40 azioni significa essere molto più attivi in materia di scelte precise, convinzioni personali e opportunità di rendimento extra.
La differenza inoltre è che sono io a decidere quando acquistare un’azione, cioè solo quando la sua valutazione ha senso, mentre un ETF compra tutto l’indice di riferimento a prescindere dal prezzo o dal valore reale delle singole aziende.
CONCLUSIONE
Arrivato alla fine di questo articolo ti piacerebbe (cit.) sapere quante azioni dovresti avere in portafoglio.
Ma io ti dò una NON risposta: quante ne riesci a gestire con serenità, senza stress e senza concentrare troppo rischio in pochi titoli.
Per me oggi la risposta è 40, domani potrebbe essere 30. Per altri sarà 20.
Ma limitarsi per principio a 8-10 titoli è un errore che può costare caro.
Investire è personale. Non lasciare che i limiti di qualcun altro, e che a lui vanno bene, definiscano i tuoi.
Avrai capito quindi che la diversificazione è la strategia che più mi si addice: mi permette di dormire sonni tranquilli e di ridurre il rischio dei singoli titoli.
Non è una regola valida per tutti, ma è il percorso che ho scelto e che mi dà la libertà di investire senza ansia e senza scommettere tutto su poche carte.
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