Portafoglio Babilonia – la saggezza antica incontra la finanza moderna

Azioni, Educazione finanziaria
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Nel mondo della finanza personale, la diversificazione è una parola chiave e ne ho scritto anche recentemente nell’articolo Quante azioni dovresti avere in portafoglio.

È il principio su cui si fondano le strategie di molti gestori e dei piccoli investitori che vogliono dormire sonni tranquilli.

Ma, sorprendentemente, questa non è un’invenzione moderna.

Molto prima di Markowitz e della teoria del portafoglio efficiente, gli antichi conoscevano già una forma semplice di diversificazione.

Ho voluto metterla alla prova con un semplice backtest, dando vita a quello che ho chiamato Portafoglio Babilonia.

LE ORIGINI DELLA DIVERSIFICAZIONE

Harry Markowitz nel 1952 pubblicò Portfolio Selection, uno dei testi fondamentali dell’economia moderna, introducendo l’idea che il rischio di un portafoglio si potesse ridurre combinando asset con correlazioni differenti.

Un’intuizione rivoluzionaria che gli valse il Premio Nobel quasi quarant’anni dopo, nel 1990.

Eppure, la radice di questo concetto è molto più antica.

Già nel Talmud babilonese, redatto circa duemila anni fa, che aveva come oggetto l’insieme dei precetti relativi all’agricoltura, troviamo un principio sorprendentemente moderno di asset allocation.

Il testo infatti consigliava:

“Dividi i tuoi beni in tre parti: un terzo in terra, un terzo in beni mobili e un terzo in denaro.”

Questa “regola dei terzi” rappresenta, in forma embrionale, il concetto di diversificazione.

L’investitore antico proteggeva così il proprio patrimonio contro eventi imprevedibili, guerre, carestie, crisi dei mercati locali, distribuendo la ricchezza in settori non correlati.

DAL MERCANTE DI VENEZIA A BENJAMIN FRANKLIN

Nel Rinascimento, la diversificazione era già un principio consolidato nel commercio.

Antonio, il protagonista del Mercante di Venezia, afferma:

“Le mie imprese non sono tutte affidate a una sola nave, né a un solo luogo, né dipendono tutte dalla fortuna di quest’anno.”

Il messaggio è sempre lo stesso: non mettere tutte le uova nello stesso paniere.

Ma anche Franklin ricordava che la diversificazione non è priva di compromessi: “Chi ha molti figli ha anche molte preoccupazioni.”

Allo stesso modo, ogni nuovo investimento aggiunge sì protezione, ma anche complessità e possibili nuove fonti di rischio.

LA RINASCITA MODERNA: MARKOWITZ E LA FRONTIERA EFFICIENTE

La vera rivoluzione arriva con Markowitz nel XX secolo.

Egli dimostrò che, combinando asset con correlazioni negative o basse, è possibile ridurre la volatilità complessiva e, in alcuni casi, ottenere rendimenti superiori a parità di rischio.

Ma cosa accade se confrontiamo il rigore matematico di Markowitz con la semplicità della regola babilonese?

Nel 2009, gli studiosi Ran Duchin e Haim Levy pubblicarono su The Journal of Portfolio Management uno studio che mise a confronto la strategia talmudica con quella markowitziana.

Il risultato fu sorprendente: la regola dei terzi ottenne performance molto vicine a quelle ottimali, soprattutto per l’investitore individuale.

Questa la conclusione dei due studiosi:

We find that the Talmudic wise men were correct for individual investors who hold relatively small numbers of assets in their portfolios.

For institutional investors (large portfolios), the Markowitz M-V portfolio dominates the Talmudic portfolio.

Una dimostrazione empirica che la saggezza antica, solo con il buon senso, aveva intuito la via giusta.

IL PORTAFOGLIO BABILONIA OGGI: ORO, AZIONI GLOBALI, IMMOBILI

Riprendendo questa antica saggezza, nel Portafoglio Babilonia, ho cercato di creare una trasposizione moderna della regola dei terzi.

La sua struttura è semplice ma equilibrata:

  • 1/3 in oro fisico o ETF sull’oro (Invesco Physical Gold – ISIN IE00B579F325)

    → rappresenta la riserva di valore e la protezione contro inflazione e shock sistemici.

  • 1/3 in azioni globali (SPDR MSCI All Country World ETF – ISIN IE00B44Z5B48)

    → erede della “terra produttiva”, la componente di crescita economica.

  • 1/3 in immobili globali quotati (Amundi ETF FTSE EPRA NAREIT Global – ISIN LU1437018838)

    → la nuova “terra reale”, fonte di reddito e diversificazione tangibile.

I NUMERI: 30 ANNI DI STORIA, SOLIDITA’ E RESILIENZA

Il backtest del Portafoglio Babilonia, simulato dal 1994 al 2023, mostra una performance robusta nel lungo periodo:

  • Importo iniziale: 100.000 €

  • Valore finale: 711.448 €

  • Rendimento medio annuo composto (CAGR): 7,04 %

  • Ribilanciamento annuale
  • Volatilità (deviazione standard): 11,10 %

  • Sharpe Ratio: 0,55

Il portafoglio ha chiuso 21 anni su 28 in positivo (75 %), dimostrando una notevole regolarità nonostante le crisi di mercato.

I migliori anni sono stati 1999 (+32,3 %), 2005 (+32,0 %) e 2009 (+30,2 %), mentre i peggiori sono 2008 (-25,7 %), 2002 (-14,1 %) e 2022 (-10,4 %).

In termini reali, al netto dell’inflazione, il rendimento medio annuo è 4,78 %, con un guadagno triplo del capitale iniziale in trent’anni.

RISCHIO E TENUTA NELLE CRISI

Il periodo di drawdown più lungo è durato 4 anni e 9 mesi (2000–2005), con un calo massimo del -26,7 %, mentre quello più profondo è stato durante la crisi del 2008, con un ribasso del -30,7 %.

Si tratta di livelli significativi ma in linea con portafogli globalmente diversificati, con la differenza che il Portafoglio Babilonia ha sempre mostrato una buona capacità di recupero nei cicli successivi.

PERCHE’ FUNZIONA ANCORA OGGI

Il successo del Portafoglio Babilonia nasce dalla bassa correlazione imperfetta tra le sue tre componenti: oro, azioni globali e immobili globali.

Ognuna reagisce in modo diverso ai cicli economici:

  • L’oro tende a brillare nei periodi di crisi e di inflazione.

  • Le azioni globali guidano la crescita nei momenti di espansione.

  • Gli immobili offrono stabilità e un’ancora reale nei cicli intermedi.

È la moderna interpretazione del principio talmudico: un terzo per produrre, un terzo per proteggere, un terzo per possedere.

LA SEMPLICITA’ COME VANTAGGIO COMPETITIVO

Nell’era degli algoritmi e delle intelligenze artificiali che promettono di battere il mercato, la semplicità del Portafoglio Babilonia appare quasi rivoluzionaria.

Non serve prevedere il futuro, né indovinare quale settore andrà meglio.

Serve solo restare investiti, ribilanciare periodicamente e rispettare la saggezza dei secoli: distribuire il rischio, non inseguire il rendimento.

Direi un bell’equilibrio tra efficienza e semplicità.

CONCLUSIONE

Chi mi segue sa che oltre alla finanza la mia seconda passione è la storia.

Studiare il passato insegna che la natura umana resta la stessa: i mercati di oggi sono solo il volto moderno delle stesse emozioni e illusioni che da sempre guidano le scelte degli uomini.

E il Portafoglio Babilonia non è soltanto un tributo alla storia della finanza, ma un metodo pratico per affrontare l’incertezza di oggi.

Ci ricorda che i principi solidi non invecchiano: la diversificazione, la pazienza e l’equilibrio restano le uniche vere difese contro l’imprevedibilità dei mercati.

In un’epoca dominata da algoritmi e notizie in tempo reale, la forza di questo portafoglio sta nella sua capacità di restare semplice e razionale.

Non cerca di battere il mercato, ma di sopravvivere a lungo, come hanno fatto gli uomini che, tremila anni fa, impararono a spartire il raccolto, il commercio e l’oro per proteggere il loro futuro.

La finanza moderna ha inventato formule e grafici, ma il cuore della buona gestione patrimoniale è rimasto lo stesso: saper distribuire, non scommettere.

Il Portafoglio Babilonia è questo: un esercizio di equilibrio e buon senso.

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