6 errori che condizionano i tuoi rendimenti
Quando si parla di investimenti, spesso ci si concentra su strumenti, strategie e performance, dimenticando un aspetto decisivo: noi stessi.
Le nostre scelte, i nostri automatismi mentali e i nostri comportamenti inconsapevoli sono spesso gli errori che condizionano i rendimenti più di qualsiasi altro fattore esterno.
In questo articolo analizzo alcuni dei bias comportamentali più frequenti che influenzano gli investitori, spiegando come riconoscerli e correggerli per migliorare la qualità delle decisioni finanziarie.
1- L’ANCORAGGIO: QUANDO RESTIAMO LEGATI AL PASSATO
Uno degli errori più comuni è l’effetto ancoraggio.
Accade quando basiamo le nostre valutazioni su un dato iniziale, il “prezzo giusto”, il valore stimato, la performance passata, e fatichiamo a rielaborarlo alla luce di nuove informazioni.
Facciamo un esempio: immagina un investitore, Marco, che ha acquistato nel 2022 un ETF sull’indice azionario globale (MSCI World) a 100 euro per quota.
Dopo qualche mese dall’acquisto (la sfortuna ci vede benissimo) lo scenario economico cambia e:
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le prospettive di crescita globale peggiorano,
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le valutazioni di molte aziende si riducono,
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il rendimento atteso di mercato scende.
Il prezzo dell’ETF cala a 80 euro ma Marco, nella sua testa continua a pensare:
“Il valore reale di questo ETF è 100. Tornerà lì, quindi non vendo. E quando ci arriva, vendo e chiudo almeno in pari.”
Questa convinzione nasce dal fatto che ha ancorato il proprio giudizio al prezzo di acquisto, come se quello fosse un riferimento oggettivo del “valore corretto”.
Il “valore giusto” oggi però, alla luce dei nuovi dati, potrebbe invece essere 70, non più 100.
Quindi:
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non vende quando dovrebbe (perché non vuole “perdere” rispetto al suo ancoraggio);
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resta bloccato in un’attesa irrazionale che il prezzo “torni dove era”.
👉 La soluzione non è avere la sfera di cristallo, ma essere consapevoli dell’ancoraggio e allenarsi a rivalutare i dati con mente aperta, anche quando significa ammettere di aver cambiato idea.
2- L’ETICHETTAMENTO: SEPARARE GLI INVESTIMENTI IN MODO ERRATO
Un altro errore che condiziona i rendimenti è la tendenza a dare etichette ai soldi: “questo è per la pensione”, “questo per la macchina”, “questo per le emergenze”.
Fin qui, nulla di male: definire obiettivi è utile e sono io il primo a farlo.
Il problema nasce quando trattiamo ogni investimento come un mondo a sé, ignorando la visione complessiva.
Un classico esempio è il fondo pensione.
Molti lo considerano un salvadanaio a parte, senza pensare che fa parte del proprio patrimonio complessivo e, quindi, influisce sull’intera asset allocation.
Se nel fondo pensione si ha una linea bilanciata 60/40 (azioni/obbligazioni), e il resto del capitale è investito su un broker con lo stesso peso, si rischia di sottopesare o sovrappesare certe asset class senza accorgersene.
Questo errore nasce da un fenomeno psicologico chiamato mental accounting (contabilità mentale).
Tendiamo a dividere il nostro denaro in “cassetti mentali” e a gestirli come se fossero indipendenti, anche se in realtà concorrono tutti al nostro stesso obiettivo di benessere finanziario.
Questa separazione porta a:
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duplicazioni (più fondi simili in diversi conti o gestioni);
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inefficienze fiscali o di costo (stessi prodotti in più piattaforme);
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scarsa consapevolezza del rischio complessivo (magari 80% azioni totali… ma tu pensi di averne il 50%).
👉 La chiave è gestire il patrimonio in modo integrato, valutando come ogni strumento (fondo pensione incluso) contribuisce all’equilibrio complessivo del portafoglio e al raggiungimento degli obiettivi.
3- L’ILLUSIONE DEL DIVIDENDO
Un altro errore diffuso è credere che solo le azioni con dividendo creino rendimento.
Io stesso parto come dividend investor e di dividendi ne ho parlato in numerosi articoli.
Non bisogna però essere massimalisti dei dividendi: come sempre in finanza, tutto dipende dagli obiettivi personali e dalla propria pianificazione finanziaria.
I dividendi non sono efficienti dal punto di vista fiscale e possono risultare inadatti per chi non ha obiettivi di rendita o non ha ancora costruito una base patrimoniale solida.
Molti investitori invece costruiscono portafogli sbilanciati su società che distribuiscono utili elevati, pensando di ottenere così un flusso più stabile.
In realtà, il dividendo non è sinonimo di rendimento totale.
Un’azione che distribuisce il 5% di dividendo ma non cresce nel tempo può rendere meno di una che non paga dividendi ma raddoppia di valore in cinque anni.
Il rendimento complessivo deriva da dividendi + crescita del capitale (il cosiddetto total return), e concentrarsi solo su uno dei due elementi può portare a portafogli inefficaci e poco diversificati.
👉 Il consiglio è guardare all’efficienza dell’intero portafoglio, non alla “simpatia” di un titolo per la sua “cedola”.
L’obiettivo è costruire un mix di strumenti finanziari coerenti con i propri obiettivi e con il proprio orizzonte temporale, non inseguire il dividendo più alto.
4- LA FALSA PERCEZIONE DEL RISCHIO
Molti investitori confondono volatilità con rischio.
La volatilità misura le oscillazioni di prezzo nel breve periodo, ma il vero rischio, nel lungo termine, è non far crescere abbastanza il proprio capitale per raggiungere i propri obiettivi.
Come diceva Charlie Munger:
“Risk to us is 1) the risk of permanent loss of capital, or 2) the risk of inadequate return.”
Un investitore giovane che rifiuta qualsiasi esposizione azionaria “perché troppo rischiosa” si espone a un pericolo ben più grande: non accumulare abbastanza risorse per la pensione.
Al contrario, chi si espone troppo per recuperare rapidamente una perdita corre il rischio opposto: aumentare le perdite.
👉 Il segreto è il reframing del rischio: non farsi distrarre dalle oscillazioni giornaliere, ma al potenziale di crescita nel tempo.
Capire che “non rischiare oggi” può significare “rischiare di più domani”.
5- L’EFFETTO ESPERIENZA: GENERALIZZARE I SUCCESSI (E I FALLIMENTI)
Altro errore classico: estendere esperienze passate al futuro.
Se un investimento è andato bene, tendiamo a credere che continuerà a farlo. Se è andato male, pensiamo che quel settore sia “da evitare per sempre”.
Un esempio?
Dopo anni di rendimenti superiori del mercato americano, molti investitori hanno convinto se stessi che “gli USA renderanno sempre più dell’Europa”.
Non è sempre stato così:

Oppure, dopo aver guadagnato con un titolo tecnologico, iniziano a investire solo in quel settore.
👉 Questo atteggiamento riduce le opportunità e aumenta il rischio di concentrazione.
Il mercato cambia, i cicli si alternano, e la diversificazione resta l’unico antidoto contro le previsioni basate sull’emotività.
6- L’ECCESSO DI REATTIVITA’ E IL DESIDERIO DI “RECUPERARE SUBITO”
Dopo una perdita, è naturale volerla recuperare.
Ma è proprio in quei momenti che si commettono le peggiori decisioni.
L’idea di “prendersi più rischio per tornare in pari” porta spesso a scelte impulsive, come aumentare la leva, cambiare strategia o investire in strumenti poco adatti.
Quando ci troviamo in perdita, è utile fare un passo indietro, respirare e lasciar passare l’emotività del momento: solo così possiamo tornare a prendere decisioni lucide e razionali.
👉 La disciplina è ciò che distingue un investitore razionale da uno emotivo.
Serve un piano d’investimento con regole chiare e predefinite, e la capacità di rispettarle, anche quando il mercato sembra volerci mettere alla prova.
COME RIDURRE GLI ERRORI CHE CONDIZIONANO I RENDIMENTI
Non esiste una formula magica, ma ci sono strategie concrete per migliorare il proprio comportamento finanziario:
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Avere un piano scritto: obiettivi chiari, asset allocation definita, orizzonte temporale e criteri di ribilanciamento.
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Aggiornare le valutazioni: non basarsi su idee passate, ma incorporare sempre le nuove informazioni.
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Diversificare: non per moda, ma per ridurre i rischi di concentrazione legati alle emozioni.
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Monitorare le reazioni emotive: la consapevolezza di sé è il primo passo verso scelte più razionali.
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Affidarsi a una consulenza finanziaria indipendente: un consulente può aiutarti a mantenere il giusto distacco emotivo e a rivedere le decisioni in modo oggettivo.
CONCLUSIONE
Gli errori che condizionano i rendimenti non dipendono solo dal mercato, ma dalla nostra mente.
Essere investitori consapevoli significa prima di tutto conoscere i propri limiti, riconoscere i bias cognitivi e costruire un metodo che riduca al minimo le interferenze emotive.
Investire bene non è questione di fortuna, ma di disciplina, consapevolezza e coerenza.
E ricordiamoci: il miglior investimento è quello che ci permette di dormire tranquilli la notte, sapendo che le nostre scelte non sono frutto dell’emotività, ma di un piano finanziario ben ragionato.
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