L’investitore retail è una “bestia immonda” (cit.)
Per la serie “vogliamoci bene e diamoci delle bestie”! 😉
In uno dei suoi video, il prof. Coletti ha condiviso le lezioni imparate in anni di divulgazione finanziaria su YouTube.
Ebbene, la più grande di tutte è semplice (e un po’ crudele): “l’investitore retail è una bestia immonda”.
Una definizione che non nasce da cattiveria, ma dall’osservazione: gli errori commessi dagli investitori comuni sono sempre gli stessi, e anche dopo spiegazioni, dati e dimostrazioni… molti continuano a non convincersi.
In questo articolo passeremo in rassegna alcuni di questi errori senza tempo.
IL GRANDE CLASSICO: COMPRARE ALTO, VENDERE BASSO
Il retail non si smentisce mai: quando i mercati toccano i massimi (e i giornali titolano “la Borsa non si ferma più”), entra.
Quando invece tutto crolla (e i telegiornali parlano di “panico” e di “miliardi bruciati”), esce.
La logica suggerirebbe il contrario, ma l’istinto, e soprattutto la paura, vincono sempre.
E se ci aggiungiamo un pizzico di FOMO il disastro è servito.
Basta vedere gli altri che si vantano sui social dei loro guadagni per farci prudere l’indice sul mouse: click sul tasto “buy”… e ovviamente nel momento peggiore possibile.

PAROLE AL VENTO
Una costante: non importa quante volte un divulgatore o un consulente spieghi perché il regime dichiarativo è una trappola burocratica… molti continuano a farlo lo stesso.
È come dire a un bambino di non toccare la stufa accesa: fino a che non si brucia, non ci crede.
La scena si ripete ovunque, anche nei posti di lavoro: spieghi passo per passo a un cliente come fare una cosa, e poco dopo ti arriva una mail con scritto l’esatto contrario.
A quel punto un pensiero è inevitabile: “Ma caxxo, mi hai ascoltato o no?”
Quindi non c’è da stupirsi, sono dinamiche comuni ed è semplicemente la natura umana.
E oggi la situazione è pure peggiorata: tra notifiche, social e mille distrazioni, la nostra capacità di concentrazione è pari a quella di un pesce rosso.
E con quell’attenzione lì… il patatrac è assicurato.
L’AMORE CIECO PER I LUOGHI COMUNI
C’è chi si affeziona ai luoghi comuni finanziari come a un vecchio peluche: rassicuranti, morbidi, impossibili da buttare.
E così li sentiamo ripetere all’infinito: “Con un bravo gestore il fondo può battere il mercato”, “il PAC è sempre meglio che investire tutto subito”, “l’equally weighted è la scelta migliore perché uno vale uno”.
Peccato che, numeri alla mano, queste certezze si sgretolino come castelli di carte davanti a un ventilatore acceso.
Il problema è che il piccolo investitore non vuole mollare la presa.
Perché? Perché abbandonare un luogo comune costa più fatica che perdere il 20% in Borsa. È come ammettere: “Mi sono sbagliato per anni”.

E l’ego, si sa, è un pessimo consulente finanziario.
In più c’è l’effetto gregge: se tutti intorno a noi ripetono la stessa frase, ci sembra ancora più vera.
Anche se la dimostrazione matematica dice l’esatto contrario, la tentazione è quella di rispondere: “Sì, ma mio cugggino ha fatto così e ci ha guadagnato”.
E allora restiamo aggrappati a convinzioni vecchie, mentre i mercati ci ricordano che la finanza non è fatta di proverbi, ma di numeri, probabilità e… tanta umiltà.
LA MATEMATICA? UN OPINIONE
Mostri un calcolo, porti grafici, fai simulazioni per dimostrare che una strategia non funziona… e dall’altra parte c’è sempre qualcuno pronto a rispondere:
“Sì, ma io conosco uno che ci ha guadagnato”.
È il trionfo dell’aneddoto sulla statistica. Perché i numeri sono noiosi, freddi, impersonali.
Una bella storia, invece, scalda il cuore e giustifica anche le scelte più assurde.
La narrazione, spesso, batte la realtà.
Il problema è che la finanza non è un romanzo: i rendimenti non seguono la trama che vorremmo, ma la logica della probabilità.
Eppure l’investitore retail continua a trattare la matematica come se fosse un’opinione, alla pari di un parere calcistico al bar.
Peccato che i mercati, a differenza del bar, presentino il conto. Sempre.
IL DILEMMA DEL RAGIONIERE
Come ho scritto i numeri sono importanti, certo. Ma c’è chi passa dall’ignorarli del tutto al venerarli come fossero l’unica cosa che conta.
Ed è qui che nasce il dilemma del ragioniere.
C’è un tipo di investitore che vive ossessionato dallo zero virgola.
Non dal rendimento a doppia cifra (magari!), ma dallo 0,1% di commissioni in meno.
Così si lancia in calcoli infiniti, apre mille conti, cambia broker ogni sei mesi e passa più tempo su Excel che con la propria famiglia.
Il punto è che, anche se sulla carta quei risparmi si accumulano, nella realtà finiscono per bruciarsi in burocrazia, errori di tassazione o semplicemente in ore di vita buttate.
E proprio perché Excel, o simili, oggi rendono facilissimo confrontare costi e scenari, deleghiamo al foglio elettronico decisioni che in realtà dovrebbero tener conto anche di fattori non ragionieristici: semplicità, tempo risparmiato, serenità mentale.
La verità? A volte, meglio investire quell’energia facendo una passeggiata (o, perché no, in una birra con gli amici).
Perché il tempo, e la tranquillità, hanno un valore immensamente più alto di qualsiasi zero virgola risparmiato.
TIFOSERIA
Forse l’Italia stava meglio quando eravamo solo un popolo di allenatori e, su questo, sicuramente la nazionale di calcio stava meglio, visto che ormai non riusciamo più neanche a partecipare ai mondiali.
Oggi, invece, sembriamo tutti economisti da tastiera: pronti a fare le pulci a qualsiasi grafico, a lanciarsi in interminabili discussioni su spread e inflazione o, peggio ancora, a trasformare ogni analisi finanziaria in una guerra di ideologie.
Il problema? Le discussioni economiche, quando si intrecciano con la politica, diventano scivolose e spesso inutili. In un contesto già polarizzato, l’ideologia rischia di prendere il sopravvento sulla logica.
Charlie Munger l’ha detto chiaramente:
“Another thing I think should be avoided is extremely intense ideology, because it cabbages up one’s mind. You’ve seen that. You see a lot of it on TV, you know preachers for instance, they’ve all got different ideas about theology and a lot of them have minds that are made of cabbage.
But that can happen with political ideology. And if you’re young it’s easy to drift into loyalties and when you announce that you’re a loyal member and you start shouting the orthodox ideology out what you’re doing is pounding it in, pounding it in, and you’re gradually ruining your mind. So you want to be very careful with this ideology. It’s a big danger.”
Riassumendo: l’ideologia intensa ti rovina la mente. Più la urli, più la fissi dentro di te. E piano piano, ti ritrovi il cervello ridotto a cavolo.
La finanza non è una curva da stadio.
Tifare non serve a nulla, e se affrontata con lo spirito da ultras, l’unico risultato sicuro è quello di confondere le idee.
CONCLUSIONI
Come hai letto ecco spiegato perché l’investitore retail è una bestia. Anzi, per citare il prof. Coletti, una bestia immonda. 😁
La verità è che dentro di noi lo siamo tutti, un po’ bestie. Vogliamo fare quello che vogliamo noi, anche se ci dicono che è sbagliato.
Io stesso, riguardando ai principali errori negli investimenti che ho commesso in passato (e credimi, sono parecchi), non posso fare a meno di pensare: “ma lo sapevo che non dovevo fare così”.
Eppure l’ho fatto lo stesso… e ne ho pagato le conseguenze.
È la natura umana: a volte abbiamo bisogno di sbatterci la testa per capire, proprio come quando da bambini i genitori ci ripetevano “non farlo” e noi, ovviamente, lo facevamo lo stesso.
Alla fine va bene così: l’importante è imparare dai propri errori. E non c’è insegnante più severo, ma anche più efficace, del mercato, quando ci presenta il conto in soldi veri.
Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).
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