60 anni di Buffett in Berkshire Hathaway

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Oggi, 60 anni fa, Warren Buffett prendeva il controllo di una compagnia tessile del New England in difficoltà: la Berkshire Hathaway Inc.

Quella data, il 10 maggio 1965, apparentemente ordinaria, segna l’inizio di una delle più incredibili trasformazioni nella storia del capitalismo moderno.

Quella che era una fabbrica di tessuti in un settore in declino è oggi una holding da oltre un triliardo di dollari di capitalizzazione, un conglomerato che controlla aziende come GEICO, BNSF Railway, Dairy Queen e una valanga di partecipazioni in colossi come Apple, Coca-Cola e American Express.

Capitalizzazione di mercato di Berkshire Hathaway

Ma tutto questo non era affatto nei piani iniziali.

Anzi, lo stesso Buffett ha più volte definito l’acquisizione di Berkshire un errore.

L’INIZIO: UN AFFARE (APPARENTEMENTE) SOTTOVALUTATO

Buffett aveva cominciato ad acquistare azioni di Berkshire Hathaway già nel 1962, attraverso la sua partnership di investimento.

All’inizio lo fece per un semplice motivo: il titolo sembrava economico.

Il prezzo di acquisto medio fu di circa 14,86 dollari per azione, ma i primi acquisti erano avvenuti a soli 7,60 dollari.

Quello che attirò Buffett fu il valore contabile dell’azienda: il patrimonio netto per azione a fine 1964 era di circa 19,46 dollari.

In pratica, stava pagando circa 76 centesimi per ogni dollaro di patrimonio netto. Un classico “bargain purchase” come lo avrebbe chiamato lui.

Ma attenzione: non si trattava di un valore legato agli utili. Al contrario, Berkshire stava perdendo soldi.

Quello che Buffett stava comprando era il valore degli asset, e in particolare la liquidità e le scorte che, dopo aver sottratto tutte le passività, valevano più del prezzo pagato per l’intera azienda.

In teoria, avrebbe potuto rivendere le attività o liquidare la società e ottenere un discreto guadagno. Era una logica da investitore “deep value“, quella che Buffett aveva imparato dal suo mentore Benjamin Graham.

LA STRATEGIA “CIGAR BUTT”

La strategia del “cigar butt” è un approccio di investimento a breve termine che consiste nell’acquistare azioni di aziende in difficoltà a un prezzo molto basso, cercando di trarre profitto da un’eventuale opportunità a breve termine.

Come spiegato da Warren Buffett nella sua lettera agli azionisti del 1989, l’idea alla base di questa strategia è che, acquistando un’azione a un prezzo estremamente conveniente, ci sarà probabilmente un momento in cui la performance dell’azienda, anche se a lungo termine pessima, offrirà un’opportunità di vendita a profitto.

Buffett, come già scritto, imparò questo metodo dal suo maestro Ben Graham che paragonava questo tipo di investimento a un “mozzicone di sigaro” trovato per strada: anche se ha solo un’ultima “boccata” da offrire, l’acquisto a basso prezzo renderà quella boccata un guadagno più che adeguato.

L’approccio era focalizzato sull’approfittare di occasioni per ottenere un guadagno rapido, sfruttando la debolezza temporanea dell’impresa e la volatilità del mercato azionario.

LO SGARBO CHE CAMBIO’ TUTTO

Nel 1965 Buffett aveva già accumulato circa il 49% delle azioni Berkshire Hathaway anche se inizialmente non aveva intenzione di prendere il controllo operativo della società.

Si era perfino offerto di rivendere le sue azioni al management per 11,50 dollari. Ma qualcosa andò storto.

L’amministratore delegato dell’epoca fece un’offerta formale di soli 11,375 dollari per azione, contravvenendo all’accordo verbale.

Un gesto che Buffett percepì come una mancanza di rispetto.

Fu una questione di principio. E fu anche il punto di svolta: invece di uscire dall’investimento, decise di acquisire il controllo completo della compagnia e di estromettere il management.

Da lì in poi, cominciò a usare la società come veicolo per nuovi investimenti.

Non era più solo un’azienda tessile, ma una “scatola” societaria attraverso cui poteva allocare capitale in modo molto più efficiente.

ERA DAVVERO UN BUON AFFARE?

Vediamo adesso un po’ di numeri sull’affare Berkshire.

Secondo i dati dell’epoca la società tessile aveva un bilancio apparentemente solido. Alla fine del 1964 risultava:

  • Cash: $0,9 milioni

  • Crediti + Inventari: $19,1 milioni

  • Immobili, impianti e macchinari netti: $7,6 milioni

  • Totale attività: $27,9 milioni

  • Totale passività: $5,7 milioni

  • Patrimonio netto: $22,1 milioni (1,138 milioni di azioni, $19,46 per azione)

Buffett aveva quindi acquistato l’intera azienda al valore netto degli asset correnti, senza pagare nulla (o quasi) per fabbriche, impianti o il valore come “azienda in funzione”.

Questo tipo di opportunità era rara, ma non unica nel suo stile d’investimento di quegli anni.

Un elemento in più?

Berkshire portava con sé delle perdite fiscali pregresse, che potevano essere utilizzate per compensare futuri utili imponibili.

Questo “attivo nascosto” avrebbe ridotto notevolmente il carico fiscale sugli utili futuri.

MA ALLORA PERCHE’ FU UN ERRORE?

Nella sua famosa lettera agli azionisti del 1989, Buffett scrisse:

“Il mio primo errore, ovviamente, fu acquistare il controllo di Berkshire. Sapevo che il suo settore, la manifattura tessile, non aveva prospettive. Ma fui attratto dal fatto che il prezzo sembrava basso.”

Nella lettera proseguiva dicendo che in passato quella strategia, comprare aziende scadenti a buon prezzo, aveva funzionato, ma che nel lungo periodo non era sostenibile.

La lezione era chiara: meglio un’azienda eccellente a un prezzo giusto, che una pessima a un prezzo stracciato.

UN ERRORE DIVENTATO VIRTU’

Nonostante l’inizio zoppicante, Buffett trasformò Berkshire in una holding di investimento.

Seguì un modello di allocazione del capitale totalmente nuovo per l’epoca: usare i flussi di cassa delle controllate per acquistare partecipazioni in aziende quotate o intere aziende private, purché avessero business solidi e management affidabili.

Un esempio? L’acquisizione di National Indemnity nel 1967, una compagnia assicurativa che fornì a Buffett il cosiddetto “float”, ovvero, premi incassati ma non ancora spesi, da reinvestire con logica di lungo periodo.

Da lì, fu una catena di decisioni che avrebbe portato Berkshire a diventare una delle aziende più ammirate e seguite al mondo.

I 60 ANNI DI BUFFETT IN BERKSHIRE HATHAWAY

Quello su cui vorrei soffermarmi in particolare, e che più ammiro di Warren Buffett, è la sua capacità di fare poche cose, ma farle estremamente bene.

Un esempio perfetto è il modo in cui ha preparato il futuro della sua società.

Buffett compirà quasi 95 anni e già nel 2010 aveva iniziato a gettare le basi per la successione, assumendo Ted Weschler e Todd Combs per gestire una parte significativa del portafoglio di Berkshire Hathaway.

Todd Combs, tra l’altro, è poi diventato amministratore delegato di GEICO, la storica compagnia assicurativa di Berkshire.

Sarà lui, un giorno, a raccogliere il testimone di Ajit Jain (che oggi ha 74 anni), alla guida della divisione assicurativa? È una possibilità che reputo concreta anche se non ancora discussa, almeno pubblicamente.

Nel 2021, durante l’annuale meeting degli azionisti, Charlie Munger rivelò per errore che il successore designato di Buffett sarebbe stato Greg Abel.

Un lapsus, certo, ma anche un chiaro segnale che il piano di successione era già definito, seppur non ancora annunciato ufficialmente.

Infine, durante l’ultimo meeting del 2025, il passaggio di consegne è stato reso completamente ufficiale: Greg Abel diventerà amministratore delegato di Berkshire Hathaway dall’inizio del 2026, segnando la fine di un’era durata sessant’anni.

Visti nel loro insieme, tutti questi eventi compongono un mosaico coerente.

Presi singolarmente magari non sembravano significativi, ma ora che il quadro è completo, è evidente che ogni mossa aveva una logica ben precisa.

A riguardo, come ulteriore esempio, mi torna in mente anche l’ultima operazione di acquisizione di Buffett di un certo rilievo: quella di Alleghany Corporation, avvenuta nel 2022 e quasi contemporanea alla ben più mediatica acquisizione di Twitter (ora X.com) da parte dell’istrionico Elon Musk.

Osservando l’andamento in borsa delle due società in quel periodo, il contrasto è illuminante: l’acquisizione di Musk fu accompagnata da continui tira e molla, “compro, non compro, i soldi ci sono, forse no, mi tiro indietro ecc…”, con il prezzo delle azioni in un continuo saliscendi, riflettendo ogni dichiarazione pubblica o soffiata:

Fonte

Al contrario, quando Buffett annunciò l’acquisizione di Alleghany, dopo la reazione iniziale del titolo per allinearsi al prezzo di offerta, il grafico praticamente è rimasto come un elettroencefalogramma piatto:

Nessuno strappo, nessuna incertezza. Solo fiducia.

Questo è il potere della reputazione, costruita con coerenza e risultati lungo decenni.

Come dice lo stesso Buffett:

It takes 20 years to build a reputation and five minutes to ruin it. If you think about that, you’ll do things differently.”

Traduzione: ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se ci pensi, farai le cose in modo diverso.

Ed è proprio questo che più gli invidio: la capacità di far accadere le cose in modo naturale, silenzioso, senza scossoni.

Con intelligenza, costanza e una calma che viene solo dalla fiducia che gli altri hanno in te, e che prima ancora tu hai costruito in te stesso.

CONCLUSIONE

A sessant’anni dall’acquisizione di Berkshire Hathaway, è evidente che quello che inizialmente poteva sembrare un errore d’investimento si è trasformato in uno dei più straordinari casi di creazione di valore nella storia del capitalismo moderno, se non il più straordinario.

Da un’azienda tessile in declino, Buffett ha costruito un conglomerato di imprese e partecipazioni che oggi è simbolo di rigore, visione di lungo termine e disciplina finanziaria.

La sua abilità nel reinvestire capitali in attività redditizie, unita alla pazienza e a un approccio del tutto razionale agli investimenti (del tutto non comune nel mondo della finanza), ha offerto insegnamenti inestimabili a generazioni di investitori.

Riflettendo mi rendo conto di quanto sia stata una fortuna poter osservare direttamente all’opera un investitore come Warren Buffett.

Il valore di vederlo agire in tempo reale, di seguire le sue decisioni mentre accadevano, e non solo leggerle sui libri a posteriori, è semplicemente inestimabile.

Berkshire Hathaway non è solo il riflesso del genio di Buffett, ma anche la dimostrazione che con criterio, costanza e una profonda comprensione del valore, persino un “mozzicone di sigaro” può diventare un impero.

Il presente contenuto è ai soli fini didattici e di discussione, fai le tue ricerche prima di investire (do your own research before invest).

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