Come investire secondo Yngve Slyngstad – da un intervista di Bloomberg

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L’altro ieri sono capitato su un’intervista rilasciata a Bloomberg da parte di Yngve Slyngstad, colui che è a capo del fondo sovrano norvegese. In alcuni punti l’ho trovata molto utile per capire il pensiero di chi gestisce oltre un trilione di valore in assett suddiviso tra azioni, obbligazioni e immobiliare. In questo articolo cercherò di riepilogare i punti essenziali dell’intervista.

Se non sai cos’è un fondo sovrano te lo spiego in poche parole: si tratta di un fondo di investimento controllato dallo stato. In pratica gestisce le risorse dello stato nei mercati finanziari al fine di trarne un profitto.

Il fondo sovrano norvegese in particolare è il più grande al mondo e opera su scala globale, è nato all’inizio degli anni 90 come Petroleum Fund. Aveva l’obiettivo di investire i proventi derivanti dalle esportazioni di petrolio del Mare del Nord, di cui a quel tempo la Norvegia era ricca.

E anche se adesso i ricavi del petrolio non sono più quelli di un tempo, grazie al loro reinvestimento negli anni “buoni”, ha consentito al fondo sovrano norvegese di diventare un utile strumento a favore del governo nel gestire i propri deficit/surplus.

E il fondo diventerà ancora più importante con i suoi introiti nei prossimi anni in cui l’invecchiamento della popolazione aumenterà i costi dell’assistenza sociale a carico dello stato.

Ma torniamo all’oggetto di questo articolo cioè l’intervista a Yngve Slyngstad. L’amministratore del fondo norvegese devo dire che ha un nome che mi riesce difficile sia da pronunciare che da scrivere, per fortuna c’è il copia incolla che mi viene in soccorso.

Nell’intervista a Yngve Slyngstad da parte di Bloomberg vengono trattati diversi temi come:

  1. differenze nell’attuale gestione dei soldi rispetto a quella di quando iniziò nel 1998;
  2. come la tecnologia e l’intelligenza artificiale andranno a cambiare il mondo degli investimenti;
  3. azioni FAANG;
  4. mercato cinese e corporate governance;
  5. tecnologia e politica;
  6. investimento passivo e attivo
  7. scopo del fondo.




Qui di seguito ti riassumo punto per punto le risposte che ritengo più importanti.

PUNTO I

La differenza maggiore sta nella quantità di informazioni disponibili. La quantità e la frequenza delle informazioni sta diventando sempre più veloce più passa il tempo.

Per essere un investitore di successo è necessario filtrare le informazioni e trovare solo quelle essenziali e realmente importanti.

PUNTO II

Per Yngve Slyngstad la tecnologia e l’intelligenza artificiale andranno a modificare radicalmente soprattutto gli investimenti quantitativi (quantitative investing) più che la tradizionale gestione attiva degli investimenti.

PUNTO III

Parlando di come l’informazione sta cambiando il mondo degli investimenti Yngve Slyngstad parla anche di alcune tra le azioni FAANG, il famoso acronimo coniato da Jim Cramer e che rappresenta le 5 maggiori società big tech.

In particolare vengono nominate Facebook, Alphabet (Google) e Amazon. Queste società vedono parte o gran parte del loro business model derivare dalle informazioni su cui siedono e successivamente monetizzano.

Yngve Slyngstad vede in futuro una regolamentazione più stretta sull’utilizzo di queste informazioni. Questo perchè è difficile che un quasi monopolio come quello delle società predette possa durare molto senza che la politica non lo voglia controllare più da vicino.

Tra le big tech Yngve Slyngstad nomina anche due colossi cinesi come Tencent (di cui ho parlato nell’articolo tre azioni da dividendo) e Alibaba.

PUNTO IV

Nell’intervista a Yngve Slyngstad il giornalista di Bloomberg gli chiede anche come vede la situazione nel mercato cinese.

L’amministratore del fondo norvegese risponde iniziando a dire che l’obiettivo del fondo è quello di intercettare la crescita dell’economia mondiale. La componente cinese tra le partecipazioni del fondo è solo del 3% nonostante il pil della Cina rappresenti una quota ben più ampia dell’economia del mondo.

Nel futuro quindi la quota nelle società cinesi crescerà ma molto dipenderà da come le autorità cinesi decideranno di sviluppare il loro mercato.

Cosa stanno chiedendo gli investitori al mercato e alle società cinesi? Principalmente due cose:

  • quanto andranno a pagare in dividendi, il pay out infatti è stato abbastanza basso rispetto a quello delle società in altri paesi sviluppati. Per fare un esempio Tencent ha un payout di circa il 5%;
  • che la corporate governance consenta un equo trattamento degli azionisti e trasparenza su come sono prese le decisioni nei consigli di amministrazione.

PUNTO V

Nell’intervista a Yngve Slyngstad si è anche parlato degli eventi attuali che tengono banco nelle prime pagine dei quotidiani, vedi la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e la Brexit.




Vi riporto qui di seguito la risposta dell’amministratore del Norges Fund, secondo me aiuta molto a capire come un  investitore che guarda al lungo periodo dovrebbe relazionarsi con gli eventi che si succedono nel presente. Eventi che sembrano allo stato attuale degli scogli difficili da superare ma che in realtà, in futuro, avranno poca importanza.

“From our perspective, as a long-term-oriented fund, the big driver of the economy and of our investment results is development in technology more than political decisions. Most of the people in the market will now typically say the biggest risks will be trade disputes between China and the U.S., the status of the EU and Brexit, and the fiscal strength of some of the countries. But in a longer-term perspective, I don’t think any of those risks are high on our agenda”.

Quindi i risultati degli investimenti, dal punto di vista di un fondo con un orizzonte temporale a lungo termine, dipenderanno di più dallo sviluppo della tecnologia che non dalle decisioni politiche.

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, la Brexit e altre dispute tra nazioni non sono visti come grandi minacce da Yngve Slyngstad.

Proprio sulla Brexit e sulla fatidica data del 29 marzo Yngve Slyngstad continua dicendo:

“The longer perspective in our view is still that we are invested in the U.K. with a long-term horizon. How much we will invest will not be changed depending on the result of this development. If we look past this—10, 20, 30 years—the U.K. will be an important economy in Europe, and it will remain in Europe. We expect business on that timeline to develop positively no matter the outcome.”

Trovo sempre interessantissimo vedere come il pensiero di investitori che guardano fra 10, 20, 30 anni sia totalmente diverso dal pensiero che viene dato all’opinione pubblica nelle notizie dei giornali o in tv.

Mi è capitato anche di leggere di un rischio crisi alimentare se il Regno Unito esce dall’Unione Europea! Ma secondo te è meglio ascoltare chi gestisce un trilione di dollari in assett finanziari oppure chi fa terrorismo mediatico?

PUNTO VI

E sull’investimento passivo che ha da dire Yngve Slyngstad? Per lui quel termine non esiste. Già, hai letto bene, dal suo punto di vista non esiste un modo di investire che non sia investimento attivo.

Che sia nello scegliere un fondo indice, o che sia nello scegliere delle azioni in portafoglio o anche decidere di avere X in una specifica assett class tu, con le tue decisioni, stai già facendo investimento attivo.

PUNTO VII

Nell’ultima domanda dell’intervista a Yngve Slyngstad gli viene chiesto se avesse in mente un modello da emulare, che si tratti di un altro fondo sovrano o anche un fondo pensione.

Anche qui Yngve Slyngstad risponde, secondo me, in modo fantastico soprattutto nell’ultimo punto. Il fondo sovrano norvegese ha tre scopi principali:

1- è uno strumento di investimento dei soldi ricavati dalla vendita del petrolio.

2- è utilizzato come fondo di riserva e come stabilizzatore dell’economia della nazione. Quando il prezzo del petrolio è calato, il fondo è stato utilizzato per compensare il calo degli introiti. Yngve Slyngstad fa l’esempio della crisi del 2008-09 in cui le banche norvegesi non hanno avuto grandi problemi anche se erano molto dipendenti dal mercato statunitense. Grazie al fondo potevano avere tutti i dollari necessari al loro sistema finanziario.

3- il fondo serve anche dal punto di vista intergenerazionale. Solo perchè i ricavi dal Mare del Nord arrivano a questa generazione non vuol dire che non ne possano beneficiare anche le generazioni successive. Quella è una ricchezza che era là molto tempo prima della generazione attuale ed è una ricchezza che dovrebbe essere protetta per i nipoti e oltre.

Che dire, se la Norvegia ha amministratori del bene pubblico che la pensano così tanto di cappello. Non c’è che dire.

CONCLUSIONI

So che è stato un articolo molto lungo ma i punti sviluppati da Bloomberg nell’intervista a Yngve Slyngstad sono stati tanti e spero di averti riassunto quelli che ho trovato più importanti.

Se vuoi una panoramica degli investimenti che fanno parte del portafoglio del Norges Fund quello che trovi qui di seguito è il link al loro sito:

Investimenti Norges Fund

Puoi scegliere tra azioni, obbligazioni e real estate ma anche vedere le singole quote societarie scegliendo nazione per nazione.

L’ultima cosa però lasciamela dire. Perchè anche l’Italia non tiene in parte i proventi delle proprie esportazioni manifatturiere in un suo fondo sovrano come potrebbe benissimo essere la Cassa Depositi e Prestiti?

L’industria manifatturiera è il nostro petrolio ed è un peccato gettare al vento i tanti sacrifici fatti nel passato senza poterne trarre un vantaggio anche nel futuro.

Prendere esempio dal fondo sovrano norvegese sarebbe veramente un gran progetto su cui puntare nei prossimi decenni per il nostro paese.

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